Le 4 ‘C’ del diamante

Per una perfetta classificazione

Da sempre simbolo di ricchezza e distinzione, il diamante occupa un posto di elezione tra le pietre preziose, al punto da essere definito “gemma tra le gemme”.
Da sempre è apprezzato per la sua brillantezza e durevolezza, come rivela l’epiteto di “frammento d’eternità” che gli indiani gli assegnarono nell’antichità.


Ma come distinguere e valutare i diamanti? Se una volta l’unico modo per acquistare una pietra di valore era affidarsi all’onestà del proprio gioielliere, negli ultimi anni sono stati approntati dei rigidi metodi per classificarle, permettendo agli acquirenti di sapere con esattezza cosa stanno comprando.

Ecco le 4 caratteristiche che ne determinano il pregio:

CARAT
Il carato è l’unità di misura del peso del diamante e corrisponde a 200 milligrammi; esso permette una misurazione molto precisa perché a sua volta è divisibile in centesimi o millesimi.
Un rapporto esponenziale lega il numero dei carati al costo del diamante e ciò è dovuto all’estrema rarità delle gemme più grandi.
In ogni caso due diamanti della stessa caratura non avranno necessariamente lo stesso prezzo, che infatti dipende dalla correlazione di tutte e quattro le ‘C’.

CLARITY
Il grado di purezza del diamante è un altro fattore determinante nella sua valutazione, il quale dipende dal numero, dalla dimensione e dalla posizione di inclusioni all’interno del minerale. Ma di che cosa si tratta? Le inclusioni sono delle disomogeneità dovute a fratture o alla presenza di minerali diversi inglobati nel diamante. Sono considerate difetti in quanto riducono il valore della gemma, ma sono anche una prova del loro processo di formazione e dunque della loro autenticità e unicità.
L’individuazione delle imperfezioni avviene basandosi sulla visibilità con lenti a dieci ingrandimenti. Grazie a queste, i diamanti sono classificati in una scala che va dalla sigla IF (internally flawless), per i più puri, a I3, per quelli che presentano inclusioni chiaramente visibili.

COLOUR
Il colore del diamante è forse la prima caratteristica a colpire l’occhio umano e le sue tonalità, oltre all’intensità delle sue sfumature, possono aumentarne o diminuirne il valore.
Le gemme sono classificate in base a una scala stabilita dal Gemological Institute of America che va da D (per le pietre incolori, le più rare e costose) a Z (giallo chiaro). Per diamanti di colorazione più intensa del valore Z si parla di colori fantasia, i cosiddetti “fancy colours”, che esistono in natura di quasi tutte le tonalità, ma sono estremamente rari.
Ma che cosa determina il colore dei diamanti? Scientificamente parlando, il colore può dipendere da impurità chimiche o difetti strutturali nel reticolo cristallino causati da radiazioni naturali o artificiali. Più normalmente il colore è il risultato dell’assorbimento selettivo  della luce da parte del materiale.
Ad oggi non esiste uno strumento che possa analizzare il colore in maniera univoca e corretta. Il metodo migliore per la classificazione del colore rimane la comparazione ad occhio nudo con appositi diamanti di confronto, chiamati “pietre di paragone”.

CUT
Il taglio è probabilmente l’aspetto più importante per determinare la bellezza di queste pietre preziose ed è l’unica che dipende dall’azione dell’uomo. Se la brillantezza è l’attributo per antonomasia del diamante, è proprio la qualità del taglio a determinare una riflessione ottimale della luce da una sfaccettatura all’altra.
Esistono numerose tipologie di taglio, ma la forma più comune è quella rotonda, nota come “brillante”, che presenta 57 facce. Si tratta della tipologia capace di restituire la maggiore luminosità, perché essendo simmetrica è in grado di riflettere tutta la luce che vi entra.